La ristrutturazione e il riallestimento dell’Antiquarium di Pompei sono finalmente terminati e il nuovo spazio museale all’interno degli scavi di Pompei è stato inaugurato e mostrato a stampa e pubblico il 25 gennaio, all’indomani della riapertura dei Musei sancita dal nuovo DPCM. Il progetto vede la firma dello studio COR arquitectos (Roberto Cremascoli, Edison Okumura, Marta Rodrigues) e Flavia Chiavaroli che per questo allestimento museale permanente si è ispirato alla tradizionale concezione di Amedeo Maiuri. Il progetto scientifico è stato seguito dal Soprintendente in carica professor Massimo Osanna, con Luana Toniolo e Fabrizio Pesando. Con la produzione di Electa.
La riorganizzazione dello spazio narra nella sequenza delle sale la storia di Pompei dalle origini fino all’eruzione del ’79 d. C. che ne determinò la fine. I progettisti hanno voluto restituire in questa riorganizzazione l’assialità ottocentesca del percorso aprendo a fughe prospettiche. L’obiettivo è stato quello di produrre stupore nel visitatore, idealmente come si legge nel concept, lo stesso stupore che il registra Roberto Rossellini nel 1954 ha raccontato nei sentimenti dei due protagonisti del film “Viaggio in Italia” al momento del ritrovamento di un calco delle vittime del’eruzione.
Nel 1874 Giuseppe Fiorelli, l’archeologo che ideò la tecnica dei calchi, designò i primi spazi, quelli sottostanti la terrazza del Tempio di Venere, come il luogo per esporre alcuni dei preziosi ritrovamenti. Nel 1926 l’archeologo Amedeo Maiuri ampliò il Museo che fu poi gravemente danneggiato durante la seconda guerra mondiale, riaprì nel 1948 per poi richiudere nell’80 a causa del terremoto in Campania.
Oggi all’edificio si accede dal basso, attraversando un grande portale realizzato in pietra lavica che è stato sormontato da un “lettering”, “ANTIQUARIUM”, realizzato in ferro battuto ad imitare un’insegna “anni cinquanta” e che conduce il visitatore al Museo lungo alcune rampe arricchite da una grafica blu lavagna. Una “galleria continua a doppia altezza” e una “galleria continua ad altezza contenuta”, si sviluppano lungo le 11 sale allestite, poeticamente illuminate da luce naturale per la riapertura dei vecchi lucernari.
Le 11 sale espositive sono suddivise in 6 sezioni, che idealmente segnano la vita di Pompei: Prima di Roma, Roma vs Pompei, Pompeis diffcile est, Tota Italia, A fundamentis reficere e L’ultimo giorno, ognuna a raccontare un capitolo della storia di Pompei, le origini, i rapporti con Roma, cultura e stile di vita degli abitanti della città, con un picco di prosperità durante l’età giulio-claudia (27 a.C. – 68 d.C.); particolare attenzione è anche dedicata al lavoro. Non solo le “storiche” testimonianze del patrimonio pompeiano come gli affreschi della Casa del Bracciale d’oro, gli argenti di Moregine o il triclinio della Casa del Menandro ma anche i rinvenimenti degli scavi più recenti condotti dal Parco Archeologico: dai frammenti di stucco in I stile delle fauces della Casa di Orione al tesoro di amuleti della Casa con Giardino, agli ultimi calchi delle vittime dalla villa di Civita Giuliana.
I nuovi espositori e quelli antichi nelle diverse varianti, sobri, in ferro e pietra lavica, sono stati allocati nelle sale come supporti dei reperti piccoli, medi, suppellettili, vetri, busti con o senza teca di protezione. Basi realizzate in pietra lavica sono state messe a supporto alle opere statuarie e dialogano con le analoghe basi nelle vetrine. Il peso contenuto di alcune opere come affreschi o iscrizioni ha consentito il loro appendimento a parete, funzionando così come elemento etereo in posizioni strategiche prospettiche, artificio poetico di un frammento.
La riapertura del 25 gennaio è anche accompagnata da due progetti digitali: La città viva, una serie di pod cast in collaborazione con PIANO P, e Amedeo, un audio racconto in collaborazione con MACHINERIA.
Articolo e Foto di Mina Grasso