In questi giorni, al MANN con la supervisione dell’Istituto Centrale per il Restauro (ICR) e con attività diagnostiche promosse in rete con l’Università del Molise (UNIMOL) ed il Center for Research on Archaeometry and Conservation Science (CRACS) è stato avviato il necessario restauro del Mosaico di Alessandro. La direzione scientifica dei lavori è stata affidata al Professor Antonio De Simone, che con Amanda Piezzo, progettazione e direzione lavori, e Mariateresa Operetto, direzione operativa, concluderanno l’intervento il 18 aprile 2021.
Un significativo contributo al restauro è stato fornito da TIM, in collaborazione con NTT DATA che hanno messo a disposizione, in via sperimentale, un’applicazione che consente di visualizzare sul mosaico i dati diagnostici prodotti dall\’Università. Gli applicativi, insieme ad una consolle di controllo, permetteranno di utilizzare smart glasses, ossia un visore intelligente da indossare per inquadrare la parte d’interesse del mosaico su cui intervenire: il restauratore, in questo modo, avrà sempre le mani libere per operare e, cosa più importante, potrà lavorare sulla parte posteriore dell’opera, controllando in ogni momento gli effetti eventuali prodotti negli strati anteriori del manufatto.
L’intervento di restauro al momento, è in corso in situ, mediante l’allestimento di un cantiere visibile per la messa in sicurezza della superficie prima della movimentazione, che vedrà la rimozione dall’attuale collocazione. Le lavorazioni saranno eseguite sulla superficie retrostante dell’opera su cui verrà apportato un tavolato ligneo di protezione.
Il mosaico, di origine romana, risale all’anno 100 a.C. ed è costituito da circa un milione e mezzo di piastrelle policrome minuscole, disposte in curve graduali, applicate con la tecnica dell’opus vermiculatum, con i quattro colori tipici dei mosaici classici: bianco, giallo, rosso e blunero.
Conservato dopo lo scavo nel 1843 il mosaico venne ricollocato nel Real Museo Borbonico, ora sede museale del MANN, Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Si racconta che “durante il tragitto da Pompei al Real Museo Borbonico, all’altezza di Torre del Greco, un incidente minacciò l’integrità del mosaico: l’opera fu sbalzata a terra e, soltanto nel gennaio del 1845, venne aperta la cassa per verificare l’integrità del capolavoro che, fortunatamente, non aveva subito danni. La prima collocazione della Battaglia di Isso fu, dunque, il pavimento della sala CXL, secondo il progetto iniziale di Pietro Bianchi; fu Vittorio Spinazzola, nel 1916, a definirne la nuova sistemazione a parete nelle riallestite sale dei mosaici”.
Ma, chiaramente, nel tempo, anche la particolare posizione, per appendimento a parete, laddove il mosaico nasceva come opera orizzontale, ha provocato microvariazioni ora in via di correzione, con l\’opportuno restauro conservativo voluto dal direttore Paolo Giulierini, che promette, a Museo aperto, dopo l\’applicazione del DPCM, che il cantiere sarà reso visibile al pubblico dei visitatori.
Articolo e foto di Mina Grasso.