E’ una donna del sud, dalle idee chiare. Sempre in prima linea, fidatissima della premier Giorgia Meloni, Wanda Ferro, sottosegretario agli Interni arriva dalla gavetta e ora che di Meridione si parla tanto, tra criminalità e autonomia differenziata non retrocede di un millimetro e spiega le sue ragioni.
Lei, sottosegretario, arriva dal profondo Sud e, da sempre è impegnata su tematiche meridionali, non crede che l’autonomia differenziata crei un problema nelle nostre regioni?
«Il Disegno di legge sull’autonomia differenziata è una legge puramente procedurale e rappresenta la doverosa attuazione di una norma costituzionale, l’articolo 116, inserita con la riforma del titolo V voluta dal centrosinistra, e che da più di 20 anni necessita di attuazione. La legge quindi definisce le procedure legislative e amministrative da seguire per giungere ad una intesa tra lo Stato e le Regioni che chiedono l’autonomia differenziata. La riforma passata al Senato prevede, grazie all’approvazione di un emendamento di Fratelli d’Italia, che la devoluzione delle funzioni possa avvenire solo dopo lo stanziamento delle risorse necessarie a garantire gli stessi livelli essenziali delle prestazioni su tutto il territorio nazionale. Unitarietà, uguaglianza e diritti civili e sociali devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Non possiamo far finta che le disparità tra Sud e Nord del Paese siano diventate sempre più profonde nei decenni passati. Ma non serve piangersi addosso o restare con il cappello in mano. Le classi dirigenti del Sud devono essere capaci di mettere in campo serietà, competenza, responsabilità, capacità progettuale e amministrativa. L’autonomia differenziata è una occasione importante per dimostrare che territori svantaggiati possono essere competitivi, perché gestire direttamente materie e risorse può consentire alle Regioni di dare ai cittadini servizi più efficienti e meno costosi, in un quadro di coesione nazionale, attraverso la garanzia dei Lep in modo da scongiurare differenze di trattamento tra territori e di una riforma costituzionale che, attraverso il premierato, consenta di rafforzare la capacità di intervento dello stato centrale insieme a quella delle autonomia».
Torniamo alle problematiche del Sud: dal 1991 al 2023 sono stati sciolti 378 Consigli comunali per infiltrazioni mafiose, di cui 25 annullati a seguito di ricorso (dati aggiornati al 4 novembre 2023). A questi si aggiungono 7 aziende ospedaliere. Lo scioglimento dei Consigli Comunali e provinciali per infiltrazione mafiosa fu istituito in risposta all’orrore della Strage del Venerdì nero di Taurianova, sì mi riferisco proprio alla sua Calabria, crede la legge in qualche modo vada cambiata? Crede che basti “punire” i politici e non può accadere invece che, una commissione prefettizia a volte, può in qualche modo tenere il paese in una fase di stallo?
«Sul tema dello scioglimento degli enti locali per infiltrazioni mafiose, fondamentali per il ripristino della legalità nei territori in cui è maggiormente radicata la criminalità organizzata, abbiamo da tempo avviato una riflessione, innanzitutto partendo dalla situazione preoccupante degli scioglimenti reiterati di enti già commissariati, che sono la prova di aspetti di inefficienza della normativa nel liberare gli enti dai condizionamenti mafiosi. Su questo tema stiamo già intervenendo nella riforma del Tuel, ma stiamo ragionando anche sulla predisposizione di un decreto. E’ una questione delicata, soprattutto in un momento storico in cui si punta ad un efficiente impiego dei fondi del Pnrr e alla loro messa in sicurezza di fronte agli appetiti delle organizzazioni criminali. Non possiamo permetterci di sospendere la democrazia, con ciò che ne consegue per l’economia dei territori, senza essere certi di liberare quei contesti dalle mafie, ripristinare la legalità e il rispetto delle regole democratiche. Per questo è necessario intervenire in maniera più efficace su quei condizionamenti che si annidano non nella politica, ma nelle strutture burocratiche di enti locali e aziende sanitarie».
Dalla sua esperienza di sottosegretario, dopo anni di politica in Calabria, che idea si è fatta dell’Area del Napoletano?
«Come tutti i territori del Sud, l’area del Napoletano ha grandi risorse, ma anche grandi criticità e contraddizioni. Le problematiche sono strettamente connesse, il tema della criminalità è legato a quello della povertà, del disagio, che però questo governo non intende contrastare con i sussidi, ma con la dignità del lavoro, con le opportunità. Abbiamo voluto combattere la logica dell’assistenza, l’idea di poter dire ai giovani che non c’è bisogno di loro, come è avvenuto con il reddito di cittadinanza. Le istituzioni devono essere capaci di creare condizioni favorevoli a questa crescita, investendo sul territorio, rimuovendo le incrostazioni, dando fiducia ai giovani che hanno talento e voglia di fare, sostenendo le energie sane e positive per togliere terreno al consenso sociale che si genera intorno agli interessi mossi dalla criminalità e dal malaffare. Poi c’è l’azione di contrasto: il governo sta investendo tantissimo sul rafforzamento degli organici delle forze dell’ordine, sulla dotazione di mezzi, sul potenziamento dei presidi. Poi questo territorio può contare sull’impegno di una magistratura capace e determinata, e sono certa che farà un ottimo lavoro anche il nuovo procuratore capo, Nicola Gratteri, che ha passione, coraggio e una grande esperienza nella lotta alla criminalità organizzata. Ma soprattutto voglio rivendicare il grande lavoro avviato dal governo su Caivano, grazie all’impegno della premier Giorgia Meloni, dove oltre al contrasto al crimine, si è avviata una bonifica radicale. Posso citare alcuni interventi che hanno un alto valore concreto ma anche simbolico, come l’apertura del Parco Urbano, facente parte del complesso del Delphinia bonificato con l’aiuto del genio militare dell’esercito, un luogo sottratto al degrado oggi fruibile dalle famiglie e dai bambini. E ancora l’avvio dei lavori per la riqualificazione del campo sportivo, la consegna alla Polizia Locale da parte dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati di tre autoveicoli confiscati alla criminalità organizzata, l’attenzione sul tema degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e la tutela dei nuclei famigliari in situazione di difficoltà economica e sociale; l’avvio di interventi di riqualificazione sociale, a partire dal coinvolgimento delle realtà associative territoriali, degli Enti di promozione sportiva e del terzo settore. E’ stato realizzato su Caivano un modello con cui puntiamo a creare un modulo operativo da ripetere in tutta Italia, perché non ci siano più mai più zone franche della criminalità».