Ischia e il rito dell’estate: piccola cronaca della ‘Ndrezzata, danza ancestrale di Buonopane

L’inizio dell’estate 2024 non sembra quasi un giugno normale visto che in maniera repentina il caldo equatoriale è stato rimpiazzato rapidamente da un clima quasi autunnale ma ben venga, la fatica di prendere il traghetto la mattina del 24 giugno diventa più leggera senza l’afa opprimente, anzi la temperatura più fresca rende la traversata da Pozzuoli a Casamicciola molto piacevole. Si lascia l’approdo di S. Paolo in mattinata, si raggiunge il porto della località dalle tante terme e dopo una mezza giornata di mare a Fiorio ci si inerpica “Mere e Copp” cioè si va nella zona alta dell’Isola d’Ischia per raggiungere il vero obiettivo di questo breve viaggio, ovvero la piazza centrale di Buonopane, frazione di Barano, località dell’erto entroterra isolano dove si celebra la nascita di S. Giovanni Battista in un modo originale: si balla l’antichissima danza della ‘Ndrezzata. Tradizionalmente la ‘Ndrezzata si balla la notte del 24 giugno e il Lunedì in Albis.  La ‘Ndrezzata è un ballo unico nel panorama campano poiché a differenza di quasi tutte gli altri riti e canti della regione l’oggetto della celebrazione non è la Madonna in uno dei suoi infiniti aspetti ma a Buonopane si celebra la peculiare figura di S. Giovanni Battista, forse l’unico santo di cui non si celebra la data di morte (19 agosto) ma la data di nascita (appunto 24 giugno) la quale precede la data di nascita Gesù (cugino di Giovanni) di sei mesi esatti e se ci facciamo due conti non possiamo non notare che le due date cadono rispettivamente a ridosso del solstizio di estate e del solstizio d’inverno. Le date non sono casuali, la nascita di S. Giovanni cade nel momento in cui il sole sta acquisendo più forza mentre la nascita di Cristo cade a ridosso del momento in cui il sole perde vigore e questi argomenti possono sembrare un po’ astrusi ma in realtà considerando l’antichità della ‘Ndrezzata vedremo che tanti elementi della cultura pagana o antica sono sopravvissuti all’interno di questo rituale. La danza si svolge con 18 danzatori coadiuvati da un Primo Ballerino e accompagnati da suonatori di flauti e tammorre. I 18 danzatori sono tutti uomini e vengono son divisi in due gruppi da 9 unità e in un gruppo i danzatori indossano un farsetto verde mentre nell’altro gruppo si trovano danzatori con il farsetto rosso: i primi rappresentano le donne di Buonopane, i secondi invece interpretano la comunità maschile e si danza creando due cerchi concentri con i ballerini vestiti di verde nel cerchio più interno mentre i rosso-vestiti danzano nel cerchio esterno e la danza non ha molto di amoroso perché ogni ballerino porta con sé una spada di legno e una piccola daga nello stesso materiale (mazzariello) con le quali durante il ballo si imita una battaglia che la tradizione vuole sia stata combattuta fra gli abitanti di Buonopane e quelli di Barano a causa delle tanti rivalità campanilistiche e secondo una leggenda la prima ‘Ndrezzata fu ballata proprio in occasione della celebrazione del trattato di pace stilato dalle due comunità ma si tratta di una leggenda molto tarda che cerca di spiegare la complessità del ballo che ha origini molto più antiche della nascita delle moderne Barano o Buonopane. Infatti il ballo in due cerchi concentrici è una chiara allusione al culto solare e la divisione fra “maschi” e “femmine” che pare lottino divisi in due fazioni è sicuramente un richiamo ad antichi culti solari legati alla fertilità e il mondo greco, così ben presente ad’Ischia fin dall’alba dei tempi, conosce molte danze eseguite da uomini armati. Arrivo in piazza a Buonopane nel tardo pomeriggio e trovo miracolosamente parcheggio, la piazza è in fermento perché si stanno sistemando gli stand dei paninari e dei vari rivenditori di prodotti locali e nell’angolo di piazza utilizzato come palcoscenico per la danza e decorato con le maioliche fa bella mostra di sé un maxischermo che ci ricorda che più tardi ci sarà il match di girone agli europei Croazia- Italia, la cui proiezione ha fatto slittare di un paio d’ore la celebrazione della danza rituale. Dovendo aspettare un po’ vado a vedere la mostra artistica allestita nell’asilo locale, ovvero “Scorci d’Ischia” con opere di P. Di Costanzo, A. Alemanno e F. Mazzella. Durante la mia visita alla mostra conosco alcuni degli artisti che in maniera estremamente gentile mi racconto come sono nate le loro opere pittoriche, come eseguono i loro lavori in acrilico o olio e visto che l’amico Ivano di Meglio, rigoroso storico delle realtà locali, ha portato in esposizione anche alcuni oggetti dell’antica cultura contadina buonopanese si parla molto dell’antica Ischia rurale e di come funzionava il vecchio mondo contadino di cui il giovane Ivano e gli artisti serbano ancora qualche ricordo legato ai nonni e alle persone delle vecchie generazioni . mi colpisce un bel dipinto ad olio di Patrizia Di Costanzo che ritrae una vecchia ed enorme quercia, chiedo più informazioni all’autrice e ad Ivano e mi si dice che l’enorme albero è il più vecchio dell’isola e grazie al loro impegno è stato recentemente (e con molta fatica) ascritto al registro regionale degli alberi monumentali ma c’è un grosso problema: la pianta soffre di cancro e se i fondi regionali non arriveranno in tempo per fare i dovuti trattamenti l’albero morirà. Chiedo per curiosità dove si trovi l’albero convinto che debba trattarsi di una località remota incuneata fra le pendici dell’Epomeo e invece l’albero si trova a pochi passi in località Candiano, poco più a valle della Piazza e della chiesa di S. Giovanni Battista. Dopo essermi congedato decido di andare a vedere l’albero e comincia la stradina in discesa, mi fermo alla chiesa di S. Giovanni per vedere le decorazioni dei rifacimenti barocchi e poi raggiungo Candiano e mi trovo al cospetto dell’enorme quanto antica quercia che pare abbia circa 4 secoli d’età. L’albero è una quercia delle specie Farnia, ha un diametro di più di 8 metri alla base del tronco ed altissimo, purtroppo il cancro alle radici non è da sottovalutare. Questo albero stava già qui quando venivano stilati i più antichi documenti noti che citano la ‘Nderezzata. Torno verso il paese, la breve escursione mi ha fatto venire fame ma lungo la strada, scandita da tanti cancelli che precludono allo sguardo le cantine dei buonopanesi, mi imbatto in un atelier molto singolare: il Ceppo Matto, il regno di un artista di Buonopane che scolpisce nel legno i propri sogni e desideri. Ad accogliermi c’è Raffale Di Costanzo l’artista che mi racconta un po’ la sua attività. Raffaele ha allestito il studio in una vecchia cantina e ci tiene a sottolineare che nonostante abbia più di settant’anni è solo da vent’anni che si dedica alla scultura ed è un orgoglioso autodidatta che mette spesso in difficoltà i critici visto che a parere di molti una persona che scolpisce le sue opere non può essere certo a digiuno di studio o teoria, Raffele ridacchia e dice che invece è così, le sue opere nascono dalla sua capacità di concretizzare le proprie idee rispettando al tempo stesso la natura del pezzo di legno su cui si trova ad intervenire modellandolo ad arte. Lascio Raffale e il suo approccio positivo all’arte e alla vita perché è arrivato il momento della partita, gli abitanti della zona alta dell’isola si riuniscono per vedere cosa farà la nostra sgangherata nazionale mentre io mangio una pizza nell’ottima pizzeria che si trova in piazza. La partita si svolge come sappiamo e la piazza per quasi due ore resta muta ma il gol finale degli Azzurri riporta in vita la folla che si trova a questo punto nello stato d’animo migliore per assistere al rito, il maxischermo viene smontato e finalmente, di fronte alla comunità, arriva il Primo Ballerino che introduce lo spettacolo. Prima della ‘Ndrezzata ci sarà un’altra danza molto particolare che appartiene al patrimonio culturale ischitano: A vattut’ e ll’astreche, ovvero la costruzione del tetto delle case tradizionali. Era abitudine nell’Ischia rurale di costruire il tetto delle case dalla tipica volta a botte con una gettata di malta mista a lapilli, un lavoro dure che richiedeva la lavorazione del composto e la sua messa in opera che si faceva battendo con dei bastoni la malta allettata su una sorta di stampo (centina). Il lavoro era duro e il composto doveva essere battuto in maniera frenetica e gli operai si davano il tempo mentre colpivano la molta con i bastoni grazie ad un canto particolare. Il lavoro di costruzione non era fatto da operai specializzati ma dalle persone della comunità che “aiutavano” colui che stava costruendo il fabbricato e pertanto il proprietario era tenuto ad organizzare un pranzo per sfamare i suoi aiutanti e sovente si macellava il maiale in questa occasione in modo da garantire molto cibo ai commensali. Durante il ballo che ho visto in piazza tutti questi momenti sono presenti in maniera ritualizzata, anche la cuccagna con tutte le strenne e i salumi presente sul palco allude al pranzo rituale. La Vattut’e l’astreche dura pochi minuti ma ci porta indietro di secoli, quando il mondo della musica era fortemente connesso ai suoni domestici e soprattutto al lavoro, non è mistero che molti degli strumenti musicali antichi erano in origine strumenti da lavoro. Finita la prima danza arriva il momento della ‘Ndrezzata: i danzatori arrivano e rispettano rigorosamente tutti i punti della tradizione, per un attimo il vorticare frenetico delle finte spade ci porta ai tempi dei D’Avalos e dell’Ischia medievale. È difficile descrivere la sinfonia cercopica che gli abitanti di Buonopane, in arte i 18 danzatori, riescono ad eseguire magistralmente, tutti i temi della melodia, perlopiù amorosi, si presentano davanti a noi facendo materializzare i tanti personaggi della Buonopane rurale allora come oggi sospesa fra terreno vulcanico e un mare azzurro mai troppo lontano. La danza finisce, così l’ode a S. Giovanni Battista non troppo scontento di figurare fra tanti simboli presi a prestito dal mondo pagano. I danzatori scendono dal palco e si disperdono fra la folla mentre i buonopanesi puro sangue criticano o elogiano l’esecuzione. Io vado via dopo aver preso un po’ di miele locale, la fasta è caduta in settimana e il giorno dopo tutti dovranno tornare agli impegni della vita moderna ma la tradizione è stata rispetta e la connessione con un passato remoto di cui quasi non abbiamo memoria è stata ripristinata per essere poi riproiettata in vista dell’anno prossimo. Come tradizione vuole. Torno giù a Forio attraversando un’Ischia ancora un po’ sonnacchiosa visto che siamo ad inizio stagione, il mese prossimo non sarà cosi tranquilla ma va bene lo stesso, ogni cosa ha i suoi tempi.

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