La condanna a sei anni, per l’ex amministratore delegato di Aspi, Giovanni Castellucci, diventa definitiva. É quanto hanno stabilito ieri i giudici della quarta sezione di Cassazione per la strage del 28 luglio 2013, quando un bus precipitò dal viadotto dell’Acqualonga nella zona di Monteforte Irpinio, ad Avellino. L’accusa era quella di aver violato le norme che garantiscono la circolazione autostradale in condizioni di sicurezza. In quell’incidente, persero la vita 40 persone. Dalle lamiere dell’autobus furono estratti 38 cadaveri e 10 feriti, superstiti, fra cui tutti i bambini presenti nell’autobus. Due feriti morirono in seguito per le ferite riportate. I giudici hanno fatto passare in giudicato anche le condanne per gli altri dirigenti della società e dipendenti del Tronco. Pena a 9 anni per Gennaro Lametta, proprietario del bus e dell’agenzia Mondo Travel che aveva organizzato un viaggio di alcuni giorni nei luoghi di Padre Pio per una comitiva di famiglie e amici di Pozzuoli. La condanna ha coinvolto anche l’allora dipendente della motorizzazione civile di Napoli, Antonietta Ceriola. Per lei 4 anni di reclusione.
Intanto, oggi, Giovanni Castellucci, si è costituito in carcere. Prima di lui, anche Gennaro Lametta, fratello di Ciro, che era alla guida del bus e morì anche lui nell’impatto.
I giudici hanno ritenuto carente lo stato dei guardrail posizionati sul viadotto dove avvenne l’incidente, in quanto non sono riusciti ad impedire che il mezzo finisse nella scarpata, ritenendo per questo i vertici di Aspi responsabili. Il bus, invece, aveva un certificato di revisione falso. La revisione, come accertato dalle indagini, non veniva effettuata dal 2011 ed era privo dei requisiti minimi per circolare. Da qui, la condanna a 9 anni per il proprietario del bus e a 4 anni per l’allora dipendente della motorizzazione, Ceriola.
Queste le altre condanne: cinque anni per il dirigente di Aspi, Nicola Spadavecchia, e per il direttore di tronco di Aspi, Paolo Berti. Sei anni, invece, per il direttore generale dell’epoca, Riccardo Mollo.
Nel ricostruire la dinamica dell’incidente, si è accertato che intorno alle 20:30, percorrendo la discesa dell’A16 Napoli-Canosa, il bus guidato da Ciro Lametta, fratello del proprietario, cominciò a sbandare dopo aver perso sulla carreggiata il giunto cardanico che garantisce il funzionamento dell’impianto frenante. Dopo aver percorso un chilometro senza freni, e tamponando una quindicina di auto, che transitavano lungo le altre corsie, l’autista del bus – un mezzo che aveva percorso oltre un milione di chilometri – nel tentativo disperato di frenare la corsa, si affiancò alle barriere protettive del viadotto che non ressero l’impatto facendo precipitare da un’altezza di 40 metri il pullman.

Avellino, la strage del bus. La Cassazione conferma le condanne: Castellucci e Lametta si sono costituiti
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