In questi giorni, una nuova e pericolosa “sfida” si sta diffondendo tra i giovani, portando con sé rischi inimmaginabili e tragedie evitabili. La pratica del “car surfing”, o surfare sulle auto in movimento, è diventata una moda tra i più giovani, che cercano l’adrenalina e la notorietà sui social media a un prezzo troppo alto.
Il recente caso a Pozzuoli, in cui un giovane si è aggrappato al tetto di un’auto lanciata a tutta velocità, è solo l’ultimo esempio di questa pericolosa tendenza. La risata del ragazzo, immortalata dai suoi amici per essere condivisa online, fa eco nell’ombra della tragica morte di Lorenzo Pjetrushi, un 18enne che ha perso la vita durante una simile “impresa” nel Trevigiano.
Il deputato dei Verdi Francesco Emilio Borrelli ha giustamente sollevato l’allarme su questa pratica, condividendo il video su social media e denunciando pubblicamente la pericolosità di tale sfida. Borrelli ha sottolineato il fatto che non solo questi giovani mettono a rischio le proprie vite, ma diventano anche pericoli pubblici per gli altri.
La “sfida” del car surfing non è solo una dimostrazione di imprudenza, ma una minaccia concreta per la sicurezza pubblica. Aggrapparsi al tetto di un’auto in movimento non solo mette a repentaglio la vita del giovane avventuriero, ma può causare incidenti gravi che coinvolgono anche chi si trova sulla strada. La mancanza di consapevolezza dei rischi e l’impulsività nell’eseguire tali gesti rappresentano una combinazione letale.
È urgente che i genitori, gli educatori e le istituzioni prendano seriamente in considerazione la necessità di educare i giovani sui pericoli di queste “sfide” insensate. La ricerca di notorietà sui social media non dovrebbe mai mettere a repentaglio la vita o la sicurezza di nessuno. È responsabilità di tutti noi, come società, cercare di invertire questa tendenza pericolosa.
La morte di Lorenzo Pjetrushi dovrebbe essere un campanello d’allarme per tutti i giovani coinvolti in queste sfide temerarie. La vita è preziosa, e il divertimento a breve termine non può mai giustificare il rischio immenso a cui si espongono. È necessario promuovere una cultura di responsabilità e consapevolezza, in modo che tragedie come questa possano essere evitate in futuro.
In conclusione, è fondamentale che la società nel suo complesso si unisca per fermare questa pericolosa tendenza e proteggere i giovani dall’autodistruzione. La vita è troppo preziosa per essere messa a rischio per una momentanea ricerca di notorietà sui social media.